sabato 19 ottobre 2013

FEMMINICIDIO/ FINORA LE VITTIME SONO CENTO. IL DATO CHOC: IL 19% DEI CARNEFICI E' LAUREATO




Di Viviana Pizzi

C’è chi dice che parlare di femminicidio è troppo. Che è un fenomeno che non esiste. Soprattutto le pagine web chiaramente maschiliste a sentire il termine si ribellano. Si appellano al codice penale sostenendo che il reato non è contemplato nella giurisprudenza italiana. E c’è chi come la pornostar Valentina Nappi, in un video ora rimosso da youtube, sostiene che è più grave il fenomeno tutto maschile delle morti sul lavoro e che le donne possano risolvere i problemi di stupro e femminicidio con questo comportamento: datela.
Purtroppo per noi la realtà è tutt’altra cosa. E i dati ce li fornisce direttamente il Telefono Rosa tramite la pagina facebook 15 22 no alla violenza sulle donne. Il dato a tre cifre è stato raggiunto qualche giorno fa quando in Umbria una giovane donna è stata uccisa dall’ex fidanzato. E siamo quindi a quota 100, un numero che porta a una seria riflessione. Un dato che non giustifica chi pensa che il fenomeno non è altro che un’invenzione del Governo Letta per coprire il dissenso.  Cento donne morte sono cento donne morte. Più dei militari che muoiono in missione di pace ogni anno. Eppure l’Italia si straccia le vesti ogni volta che un soldato perde la vita durante un attacco nemico. E il nemico che abbiamo in casa si fa finta di non vederlo.
I numeri del femminicidio sono invece ogni giorno più gravi: le richieste di aiuto di donne che subiscono stalking al numero attivato dall'associazione sono aumentate nei primi sei mesi del 2013 di circa il 10%.
Nel 2012 le vittime di femminicidio, sempre secondo i dati dell'associazione nazionale di volontarie, sono state 124. La violenza sulle donne si scatena quasi sempre all'interno delle mura domestiche.
L'autore è nel 48% dei casi il marito,  nel 12% il convivente nel 23% l'ex;  si tratta poi di un uomo tra i 35 e i 54 anni nel 61% dei casi, di un impiegato nel 21%,  e di una persona istruita (il 46% ha la licenza media superiore e il 19% la laurea). Il persecutore non fa poi in genere uso di alcol e di droghe (63%). Anche il profilo della donna-vittima descrive una persona piuttosto normale: una donna di et… compresa fra i 35 e 54 anni,  con la licenza media superiore nel 53%  e la laurea nel 22%.  La maggior parte delle violenze continua ad avvenire  in casa, all'interno di una relazione "sentimentale" (84%), in una famiglia "normale".
L'atto violento, inoltre, non è mai isolato ma costante e continuo (81%) e non finisce con la chiusura del rapporto ma si protrae anche dopo, spesso con un atteggiamento persecutorio.
Un quadro da cui emerge che la violenza sulle donne è ancora molto radicata nei contesti "normali" di vita.



2 commenti:

  1. Dato choc, il 19% dei carnefici è Laureto? Ma che cosa c'entra? I carnefici? Ma qui la gente è diventata folle. Finché rimaniamo su queste cifre non si potrà mai parlare di femminicidio, ed anche se le cifre dovessero aumentare non si può mettere nel mucchio ogni decesso. Se ipoteticamente domani dovesse cadere un piccolo bolide, o corpo celeste su un negozio di borse e scarpe in saldo, ed uccidesse una 50ina di donne accorse ovviamente all'evento, si potrebbe parlare di femminicidio? No, chiaramente. Dovremo selezionare solamente i decessi non naturali, avvenuti a seguito di una reale discriminazione, dove l'assassino o l'assassina (perché molti di questi carnefici sono anche donne) ha scelto la vittima solo ed esclusivamente perché appartenente al sesso femminile. Inoltre, questo da solo non basterebbe ancora, perché anche il movente dovrebbe coincidere con la selezione effettuata. L'azione criminosa dovrebbe avere come scopo finale, l'uccisione di una donna fine a se stessa, escludendo tutte la patologie mentali, i disturbi psichici, i casi di rancore nati da maltrattamenti subiti in giovane età, ecc....
    Perché in questi casi specifici, la violenza nei confronti del soggetto in questione non sarebbe finalizzata all'uccisione dell'esponente del sesso femminile in quanto tale, ma sarebbe motivata da ben altre ragioni.
    Un altro discorso poi sarebbe quello di dover escludere dal conteggio delle vittime, anche gli omicidi commessi nei confronti di un soggetto unitario, commessi per motivi riguardanti solo ed esclusivamente quel singolo soggetto, e non riguardanti la pluralità in quanto "donna". Se una persona uccide una determinata donna, perché serbava per esempio nei suoi confronti un rancore personale, non si potrà ancora parlare di femminicidio, perché suddetto soggetto non voleva uccidere tutte le donne, ma quella donna in particolare per motivi personali. Anche qui la volontà criminosa non è rivolta alle donne in quanto tali, ma solo ad un soggetto specifico, decandendo così l'ipotesi di fine sessista. È ovvio che nella maggior parte dei casi se 2 soggetti, uno uomo ed uno donna, litigano, e provano rancore a vicenda nella stragrande maggioranza dei casi avrà la peggio la donna in quanto essere più debole fisicamente. Anche questa non sarebbe una discriminazione voluta dall'agente, ma una conseguenza della selezione naturale, che vede il soggetto femminile più debole per natura.
    È ovvio che non si dovrebbe neanche parlare di banalità di questo tipo, ma purtroppo al giorno d'oggi sembra ormai diventato obbligo farlo.

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    1. caro Giorgio il femminicidio è quando un uomo uccide per motivi di gelosia, rapporto di amore e violenza sessuale, una donna, Non se una donna muore durante una manifestazione No Tav ad esempio...

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